L’inganno

Stefano Trillò

Ancora lei. Ancora quei capelli, quella strada, quel sorriso.
Ancora quella sensazione di confusione e poi voglia di averla, ma come? 
L’impulso di seguirla e la convinzione di volerla uccidere.
“Perché tutto questo?”

Con questi pensieri Marcus si guardava allo specchio ma non si vedeva, né si riconosceva, era come uno specchio che rifletteva solo una figura contorta, buia. La sua anima. Un suono secco e prolungato lo svegliò dal suo torpore strappandolo agli incubi. Era Lucio, l’amico di una vita che suonava alla porta.
Erano amici ormai dalle elementari, ma negli ultimi anni era cambiato notevolmente. Entrambi fricchettoni che vivevano e respiravano l’aria della città eterna con occhi da romantici sognatori, seppur di estrazioni diverse, Lucio di famiglia benestante, Marcus assolutamente no.  La voglia di evadere dalla vita che il destino gli aveva assegnato li aveva sempre tenuti uniti.

Negli ultimi anni, però, Lucio si sentiva spesso migliore di tutti, guardava gli altri dall’alto in basso, sempre con il dito puntato. Aveva iniziato addirittura a criticare Marcus per la sua indole ossessiva: tutto in casa sua era sempre riposto con precisione metodica, le posate dalla più lunga alla più corta, le padelle e le pentole l’una dentro l’altra come nella più classica delle matrioske, i quadri alle pareti anch’essi in ordine geometrico. Tutto per Marcus doveva essere impeccabile.

Lucio era diventato come suo padre e suo nonno, industriali da generazioni, accecati dal denaro e dal potere. Una persona che credeva di poter avere tutto ciò che voleva, anche se non gli spettava. Ovviamente il cambio di rotta del suo amico lo aveva riempito di dubbi e li aveva allontanati, ma non ancora al punto da troncare del tutto e per sempre il rapporto. Marcus vedeva ancora barlumi di semplicità e amore negli occhi di Lucio. Ricordò quando da giovane scriveva poesie alle ragazze di cui si infatuava. Credeva nei buoni sentimenti ma forse la durezza della famiglia lo aveva influenzato.

Il suono del campanello fece sobbalzare Marcus, non capiva cosa fosse successo. Sul tavolo ancora il PC acceso con il finale accennato del suo libro, per terra varie bottiglie, tutte vuote. Il disordine che scoprì in casa lo infastidì. Seppur in hangover si sentì improvvisamente sollevato. Quei pensieri, quella ragazza e gli istinti primitivi che lo avevano assalito erano solo uno scherzo della sua mente. La stesura del libro lo stava prosciugando, viveva incollato al PC si era allontanato dalla realtà, ma ora vi era tornato. Ancora il suono del campanello e poi colpi sulla porta.
“Che cazzo, Lucio dammi tempo” biascicò Marcus. Barcollando a piedi nudi, evitando le bottiglie vuote con insolita agilità ed enorme disturbo, andò ad aprire la porta.
Lucio era sconvolto, entrò in casa con uno scatto rischiando di sbattere la porta in faccia a Marcus.
Aveva un giornale in mano, la data era di quel giorno. Lo dette a Marcus senza dire niente.
Marcus non capì ma leggendo la notizia in prima pagina gli si gelò il sangue. Era morta, davvero. Quella ragazza che lo aveva tormentato in sogno era morta.

All’improvviso ebbe come un flash, la sua mente cominciò a viaggiare a ritroso. Vide la ragazza, riconobbe il sorriso, caldo e provocante, quei riccioli neri, lo sguardo malizioso e innocente di quelle ragazze che sembrano voler crescere troppo in fretta. Riconobbe la strada, tutto era come nel suo sogno. Cominciò a sudare. 
Lucio intanto lo chiamava, ma Marcus non lo ascoltava, voleva capire, sentiva solo una voce flebile e lontana. La mente continuava a sbloccargli ricordi, ecco il bar. Perché era andato in quel bar? Ecco dove aveva preso le bottiglie. Ma la ragazza? Era anche lei in quel bar. All’improvviso, come un pugno alla bocca dello stomaco, ebbe un unico flash, accecante, crudo. La ragazza riversa in un vicolo cieco, buio, con la gola tagliata. E lui con un coltello insanguinato in mano.

Quando Lucio lo strattonò, Marcus tornò alla realtà. Lucio piangeva, imprecava, urlava. Da poco stava frequentando quella ragazza e se ne era innamorato. Marcus continuava a non prestare attenzione al suo amico, si guardava intorno come in cerca di qualcosa. Si girò verso la cucina e lo vide, sul tavolo, il coltello ancora sporco di sangue. In mezzo a tutto quell’ordine metodico, da ossessivo compulsivo quale era, fu fin troppo semplice scorgere quell’incongruenza. Lo prese.

Lucio di colpo smise di urlare. Non capiva, non sapeva se essere impaurito o meno. Nemmeno Marcus aveva ancora capito cosa era successo e cosa avrebbe fatto. Guardò Lucio. “Era una brava ragazza, piena di vita, chi mai potrebbe ucciderla?” 

Lucio non riusciva a staccare gli occhi da quel coltello. 
“Che figli di puttana” continuò Marcus.
Poi guardò Lucio dritto negli occhi. “Eri innamorato vero? Ti capisco. Ma la rivedrai amico mio.”
Sul volto di Marcus comparve un sorriso mentre si avvicinava a Lucio, che era pietrificato.
Incredulo di scoprire il suo miglior amico come un assassino, uno psicopatico.
“Marcus ma cosa dici? Cosa cazzo stai dicendo? Cos’hai fatto?”
Solo questo riuscì a dire Lucio, le sue ultime parole, le sue ultime domande, rimaste senza risposta.

Marcus aveva solo quel sorriso stampato sul volto. Un sorriso compiaciuto, fiero. Era il migliore. Nessuno sospettava di lui, nemmeno chi lo conosceva da una vita. E ora guardava Lucio steso a terra, morto. La gola tagliata per non parlare più, per non urlare più, per non assillarlo più con le sue critiche continue verso il mondo intero. Lucio non apprezzava la vita e Marcus gli aveva regalato la morte.
“L’ho fatto per te amico mio. Non serve che mi ringrazi. Tu volevi amarla per sempre e io l’ho reso possibile. Sono o non sono il tuo migliore amico?”
Gli occhi senza vita ancora aperti di Lucio sembravano acconsentire impauriti a quelle parole, come se lo ringraziassero davvero. “Per sempre Lucio, vi amerete per sempre.”

Mise il punto all’ultima frase dell’ultima pagina del suo libro. Era soddisfatto, Marcus; finalmente aveva trovato un finale che lo convincesse dopo mesi di tentativi. Sulle ali dell’euforia, prese il telefono e fece una chiamata.
“Lucio, ciao, senti, finalmente ho finito il libro, ho trovato un degno finale, quindi stasera andiamo a festeggiare, offro io. Riesci ad essere al solito bar tra una mezzora? Ah, Lucio, un’ultima cosa, porta anche quella ragazza di cui mi hai tanto parlato, devi farmela conoscere e l’occasione di stasera mi sembra perfetta.”

Con un sorriso compiaciuto e fiero, Marcus spense le luci in casa e si avviò a festeggiare, in grande stile, la fine del suo libro.

                                                                                                                    

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