Una casa che svetta sopra un cucuzzolo e permette uno sguardo sul mare. Una casa solitaria, benedetta fra agrumeti ed olivi centenari. Adornata da una veste, verde d’inverno, rossa e arancio d’estate. Si è fermata nei ricordi dei passanti per più di quattro generazioni. Solida, sovrana come La Sovrana Lettrice di Alain Bennett. Così orgogliosa di sé, del suo dominare, da decidere di prendere iniziative proprie.
In un novembre di piogge, vento e grandine, la casa scosse le sue radici. Rispose con un’azione audace alle forze della natura. Approfittò del sonno di chi la dimorava e spostò le sue fondamenta altrove. Solo al mattino successivo, quando le porte non coincidevano più con i loro incastri, il sospetto di un disagio divenne un’immagine concreta. La Sovrana si era talmente allontanata dai suoi ancoraggi da far scomparire lembi di oliveti, strade e sentieri. Aveva isolato un borgo del paese. Pensò soltanto: “Finalmente Protagonista”. Capì di essere riuscita nel suo intento, farsi notare da tutti.
Dopo, finì su articoli di giornale, nelle foto dei geologi, nei piani d’intervento comunali. Fu la prima donna della valle, condivisa da mille attenzioni. I suoi custodi lo furono meno. Costretti ad un’immediata evacuazione, furono lontani per due lunghi anni. Il tempo utile per ricondurla, con il guinzaglio al collo, là dove doveva stare. Tanto lei, da quel giorno, non ha più pensato di fare altri colpi di testa. Anzi, è cambiata. Ha visto soffrire chi le apriva gli occhi, chi la riscaldava, chi aveva cura delle sue membra. È tornato tutto come un tempo lontano, il lontano del prima. Dimora di due amanti di cactus e gerani. Gerani come tanti sorrisi che appaiono di nuovo sui balconi.
Tante primavere fecero capolino nel tempo del dopo e tanti inverni imbiancarono la sua chioma. La Sovrana è ormai un’anziana signora. Bisognosa di tramandare memorie prima che la senilità ne cancelli le trame. Lei sa e custodisce ricordi. Sussurra le sue parole mentre dal suo capo cadono tegole. Le sussurra di notte attraverso il muro di una camera. Le deposita nella mente sognante della donna che la abita e che un tempo ha visto bambina. Bambina costretta a camminare lesta su quei cotti antichi. Addetta a dare una mano ovunque vi fosse necessità. Figlia di contadini e di miseria, di pasti incerti e di sacrifici certi. Bambina che partiva per tornare carica di legna da ardere. Battiti di ciglia alternati a letarghi invernali.
Ora riconosce la velocità di quei passi in un corpo cresciuto. Li sente correre dentro, da una stanza all’altra, con una gioia esplosiva. Sente risate che vibrano nel vetro delle finestre. Tante memorie da raccontare, migliaia, milioni, ma ce n’è una che, più di tutte, soffia nel tempo di oggi. È l’immagine di una giovane sposa tremante ed arrossata. La casa la scruta attraverso lo specchio di un armadio. Fissa momenti di agitazione e commozione. Tutto è smosso dall’attesa silenziosa di una giovane donna che osa sperare il riscatto per una vita più ricca d’amore. Di gioie, di figli, di dolori.
Il soffio della casa entra piano e raggiunge quella stessa donna, ormai vecchia. Rimuove le pene di un malessere insidioso e cattivo e contrasta il suo dolore. Le dà la forza di sorridere ad un nuovo giorno. Attraverso questa parete il suo volere è stato compiuto.
Ora ci sono altre persone nella casa.