Oltre ad essere un progetto letterario dedicato alla narrativa breve, Linoleum è un fenomeno fisico che non ci siamo ancora spiegati.
Sono tre persone sedute in un salotto che scrivono una racconto, ognuno il suo, una mattina d’agosto a Viareggio.
Fa caldo, ci sono le zanzare. È un’ora buona per buttare giù una storia e lasciarsela subito alle spalle.
D’improvviso una delle tre alza la testa, dice pausa, fermi tutti, leggiamo l’ultima frase che abbiamo scritto. Tutti e tre leggono a voce alta una frase. Tutte e tre le frasi contengono la parola linoleum.
Sipario. Un brivido.
Che poi allora, in-quell’estate-in-quella-stanza, linoleum non vuol dire ancora niente. È solo il nome di un materiale bistrattato dalla letteratura che spunta fuori da qualche romanzo americano sulla vita di provincia, magari per esaltare lo squallore di scuole scassate, uffici opprimenti.
Solo l’inverno successivo, durante una gita a Ostia, i soliti tre si domandano com’è che, da storie diverse, quel giorno sono approdati sullo stesso pavimento. Digitano “linoleum” su internet mentre ordinano la pizza a portafoglio e un litro di vino. Leggono “è un tipo di pavimento resiliente e riciclabile, composto da materie prime di origine naturale”.
Una di loro (quella romana) dice ammazza, hai capito ‘sto linoleum?
(D’altronde quello di Faenza non si sognerebbe mai di pronunciare una parola con due z a voce alta).
Leggono persino che è fatto con l’olio di lino, la farina di legno e di sughero, i pigmenti, le cose buone. La terra. Qualcosa che si semina, si riusa, diventa altro diverso da sé.
E infatti quel pomeriggio Linoleum si trasforma. Diventa un luogo aperto dove guardare gli altri che scrivono e scoprire che a volte raccontano qualcosa che avresti voluto scrivere tu, che magari hai già scritto, lo stavi scrivendo proprio in questo momento.
Linoleum.
Dall’11 ottobre 2022 il salotto è aperto per tutte e per tutti.
Siediti dove vuoi. Scrivi.