Non è un caso che le prime lettere siano Djo.
In questi tempi moderni solo gente del suo livello può essere disposta a liberarci. È stato un vero e proprio pellegrinaggio il suo. È partito da una terra dove la guerra e le ingiustizie l’hanno fatta da padrone fino a pochi anni fa. Un territorio – quello serbo – teatro di scontri fratricidi. E ora arriva lui, con il suo carico di speranze e armato di una racchetta da tennis.
Voleva solo giocare, ma il mondo intero lo ha rinnegato. “Non c’era posto per lui nell’albergo” dice il Vangelo, e così lui se ne sta lì, abbandonato in aeroporto con le sue poche cose in attesa che un novello Pilato decida la sua sorte. In quest’epoca barbara, la gente sceglie ancora Barabba. I politici, i soldi e il sistema scelgono il dio vaccino mentre Djokovic resta solo, crocifisso. L’unico a pagare per la nostra libertà. L’unico a non sottomettersi a Big Pharma. L’unico vero Novak a cui ispirarsi per i giorni a venire.
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