Angelo di Dio

Stefano Corradini

Era una fredda giornata di marzo, le persone avvolte in tute colorate sembravano molto grosse. Portavano buffi copricapi e maschere.
L’angelo volò su quella montagna che si stava piano piano animando. Si mise a sedere, scrollò la neve fresca dalle ali.
Era invisibile agli occhi umani.
Dio aveva vietato alla schiera degli angeli di mostrarsi. Cherubini, Potestà, Arcangeli, Serafini, Troni si potevano sentire e percepire, mai vedere prima della morte.
Gli uomini dalla cima della montagna scendevano lungo i pendii innevati tracciando scie al loro passaggio.
L’angelo si appollaiò su un ramo per ripararsi.
Dio faceva scendere dal cielo cristalli che danzavano silenziosi prima di posarsi a terra. Manna dal cielo durante l’esodo del popolo d’Israele.
L’angelo li fece sciogliere sulla lingua, un brivido gli percorse la schiena e le piume vibrarono, un pavone in amore.
A fondo valle gli uomini sedevano uno dopo l’altro sulla seggiovia in ferro che saliva lungo il pendio della montagna.
Qualcuno viaggiava da solo per stare più largo e godersi il panorama, altri facevano di tutto per non affrontare la solitudine di quei pochi minuti.
L’angelo li osservava volteggiando intorno a loro.
Scorse un uomo seduto da solo.
Fece un paio di piroette verso l’alto poi planò sul posto vuoto. La seggiovia si bloccò per qualche istante. Nessuno si preoccupò. Capita che qualcuno cada prima di salire o mentre tenta di scendere alla stazione di arrivo. In realtà il più delle volte le seggiovie si fermano perché gli angeli del cielo si riposano sul cavo di traino come gli uccelli sui fili dei tralicci.
«Sono bellissimi i tuoi orecchini color Tiffany», disse l’uomo.
L’angelo si portò d’istinto le mani alle orecchie.
«Puoi vedermi?», chiese preoccupato di aver violato un comandamento di Dio.
«Ti sento».
«È impossibile», rispose l’angelo.
«Eppure stai parlando con me».
«Forse è meglio se vado via», disse aprendo le ali.
«Resta ti prego. Sento caldo ora che sei qui».
Restò.
«Hai delle belle scarpe color acqua marina».
L’angelo si guardò i piedi sorpreso. Rivolse lo sguardo al cielo per chiedere conforto a Dio.
«Hai il profumo del mare», l’uomo ciondolò con gli sci nel vuoto.
«Come fai a sentire queste cose?», balbettò l’angelo.
«Non lo so», rispose «come non so perché ieri sera piangevi».
«Non piangevo», sillabò preoccupato l’angelo.
«Io ti ho visto piangere».
«Come fai a vedere queste cose?», chiese ancora «nessuno può vedermi».
«Oh, mi dispiace», disse guardandosi intorno «non lo dirò a nessuno, giuro».
«Non stavo piangendo», sentenziò incrociando le braccia e sbuffando.
«Posso aiutarti», disse l’uomo.
«Sono io l’angelo, sono io che aiuto le persone».
«Io posso aiutarti».
«E come pensi di fare?»
«Ti starò vicino».
«Sono gli angeli che diventano “custodi” per gli uomini e non viceversa».
«Scegli me».
«Ma tu che tipo di essere umano sei?»
«Un essere come tanti, è questa la mia particolarità».
L’angelo fece un sorriso.
L’uomo lo vide.
«Mi piacerebbe averti come angelo custode».
«Perché lo dici?»
«Lo sento, e il fatto che tu lo sappia mi fa stare al caldo».
«Io non ti capisco».
«Provaci».
La seggiovia arrivò a fine corsa.
L’uomo scivolò in avanti imboccando la pista che lo avrebbe ricondotto a fondo valle poi il vento avvolse la neve in un mulinello.
«Vengo con te», disse l’angelo.
L’uomo alzò gli occhi al cielo e fece un sorriso.
Un fiocco di neve si appoggiò sulle sue labbra. Si sciolse poco alla volta.
Scesero insieme, caddero, si rialzarono sempre. Mantennero il controllo. Lo persero in discussioni frivole. Si persero una volta sola. Quando si ritrovarono furono sguardi, lacrime bollenti e battiti d’ali. Continuarono la discesa. Anni di picchiate e curve veloci. Arrivarono in fondo.
Quando fu il momento di risalire l’uomo tolse gli sci e avanzò a piccoli passi lenti.
Era invecchiato anche marzo. Tutto era diverso tranne l’angelo.
Recitarono una preghiera.
L’uomo sentì ancora il sapore della neve sulle labbra.
«Grazie di essermi stato vicino», disse l’angelo.
Stanno salendo, ancora.

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