L’autobus stava per partire, rombava grave con improvvisi raschi e singulti. Nel grigio dell’alba la piazza stava in silenzio, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice, il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, nient’altro. «Panelle, panelle calde, panelle», sembrava implorare. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L’ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza colse l’uomo vestito di scuro che veniva correndo. «Un momento», disse all’autista, e aprì lo sportello con l’autobus ancora in movimento.
L’uomo saltò su dalla porta davanti e rimase in piedi accanto all’autista per riprendere fiato.
Un odore di umanità accaldata lo avvolse come una coperta di lana ad agosto ma ringraziò il cielo perché presto sarebbe stato di nuovo lontano da quel paese. Calcolò che erano passati quasi dieci anni dall’ultima volta. Immaginò gli sguardi dei passeggeri, sistemati e seduti ai loro posti, dietro di lui; per un attimo ricordò quando, da bambino, era entrato in ritardo a scuola, a lezione già iniziata. Si tenne al passante di acciaio mentre l’autobus ripartiva con una gran manovra che lo spinse violentemente verso destra.
Gli cadde la cartellina a terra, i fogli sparsi sulla moquette macchiata.
La signora sulla sessantina, seduta in prima fila, aveva l’aria di essere lì da un’ora per conquistare il sedile che le cosce larghe ora tenevano completamente occupato. Si piegò in avanti e la gonna grigia si sollevò leggermente a scoprire l’elastico dei gambaletti di nylon, mentre lui si torceva per rimanere in equilibrio.
La donna raccolse i fogli e se li posò sul grembo per sistemarli, come fossero i compiti di uno scolaro disordinato e un po’ irrequieto. Aveva i capelli grigi raccolti in una crocchia scarmigliata e un giacchino che sembrava esser stato arancione, un tempo.
«Grazie», disse secco, ma la signora si tenne i fogli fra le gambe senza restituirli e senza neppure guardarlo.
«Grazie» ripeté, ma quella neppure si voltò.
L’uomo si insospettì, ma non disse nulla. Sarà la pazza del paese, si disse. Non aveva voglia di parlare con nessuno, figurarsi mettersi a discutere con una demente.
Una volta arrivati a Palermo si sarebbe ripreso le sue carte e comunque erano solo una copia.
L’originale della vendita era nelle mani del notaio.
Al diavolo, voleva solo sedersi in qualche posto, riprendere il suo aereo e dimenticare. Finalmente si era liberato di tutto. Anche della casa dove, il mese prima, era morta sua madre.
D’altronde non doveva neppure essere su quella corriera. L’auto non era partita, come avesse la batteria a terra. Dopo aver a lungo discusso al telefono con una signorina idiota dell’autonoleggio di Palermo, aveva lasciato le chiavi della loro vettura in albergo. Avrebbero provveduto e riprenderla, ma in quel paese non c’erano certo agenzie per sostituirla. Avrebbe perso il suo volo se il portiere della reception non gli avesse indicato la corriera Parrini–Palermo, in partenza sulla piazza.
Guadagnò un posto nelle ultime file accanto a quello che gli sembrò un contadino. Rugoso, vestito con una camicia sdrucita e un panciotto chiuso fino all’ultimo bottone.
Socchiuse gli occhi. Sentiva la puzza di ogni occupante del mezzo. Si concentrò per non farsi prendere dalla nausea.
Odiava quel paese e non ci avrebbe certo rimesso piede se non fosse stato per quell’assurda richiesta dell’acquirente. Aveva rifiutato qualsiasi delega, il maledetto. E lui era dovuto andare.
Socchiuse gli occhi. Presto sarebbe stato di nuovo lontano.
Quando li riaprì, venti minuti dopo, la corriera correva lungo la statale a strapiombo sull’inatteso e denso Mediterraneo. Per un attimo rimase senza fiato, come affogasse. La strada per Palermo attraversa l’entroterra per arrivare sul Tirreno. Perché stavano costeggiando il mare?
«Scusi, non va a Palermo?», urlò verso l’autista. Ma quello sembrò non udirlo.
L’uomo vestito di scuro perse il controllo. Si alzò di scatto e prese a camminare lungo il corridoio, tenendosi ai sedili.
«Ma insomma, andiamo a Palermo o no? Qualcuno sa dirmi dove va questa cazzo di corriera?».
Gli venne come una palpitazione. Il pullman aveva accelerato. Erano proprio vicini a quel punto. Si accorse che tutti i passeggeri erano voltati nella stessa direzione. Verso quel precipizio che si avvicinava veloce. Lì dove la corriera di colpo inchiodò.
Il giorno successivo a Parrini nessuno commentò le notizie riportate dai giornali.
Né gli uomini seduti ai tavolini dei bar sul corso, né quelli del circolo dei cappelli di paglia.
Neanche le donne attorno ai banchi del mercato del giovedì o la signora sulla sessantina, con un giacchino un tempo arancione, in piedi, davanti l’edicola con una copia del Corriere di Sicilia in mano.
Il giornale riportava, in cronaca, la notizia di un uomo caduto dalla roccia di Punta Bianca.
Un pescatore aveva raccontato di aver visto, dal mare, un uomo vestito di scuro camminare sul bordo della strada prima di buttarsi nel vuoto.
L’articolo aggiungeva che il tizio trovato morto sugli scogli era stato indagato, dieci anni prima, per la scomparsa della fidanzata. Ma nessuna prova era stata trovata a dispetto delle accuse della madre della ragazza.
Un’altra pagina del giornale, invece, informava che, dopo anni di interruzione, il servizio autobus Parrini-Palermo sarebbe stato finalmente ripristinato per il prossimo autunno.