Le notti senza sonno di G.A. Cerone

Giusi Sardella

Si muove con la forza elegante di un esercizio d’arte marziale. Una danza perfetta che tocca ogni cosa con accurata lievità. Tavolo, sedie, credenza. Movimenti armonici, ergonomia all’ennesima potenza. Pura estetica domestica.
Poltrona, libreria, mensole. Un ninja, un monaco Shaolin. Volteggia in una sorta di trance operativa. Leva la polvere, spruzza, toglie la polvere. E poi ancora, ripete di nuovo il circuito igienizzante di tavolo, sedie, credenza. Ogni azione sprigiona perizia disinfestante. Poltrona, libreria, mensole.

Piera è soddisfatta del suo lavoro. Ammira l’ordine degli oggetti e il sottile odore di lavanda del detersivo dei pavimenti, sicura ormai di gestire la loro casa così come Leo aveva sempre desiderato. Tutto è sotto controllo. Il resto appartiene al passato.

Improvvisa le viene voglia di cantare.
Non le succede da molto tempo. Possiede una voce bellissima e diventare un soprano è stato il suo sogno da bambina, ma le sue corde vocali non permettono una tale estensione. Quando era adolescente, la maestra di canto, Sofia, le aveva spiegato che la natura della sua voce poteva esprimere la sofferenza, la profondità dell’animo umano come nessun soprano dal tono limpido e cristallino. Il contralto racconta il fondo torbido della vita e del dolore, diceva. Piera, invece, pensava solo alla Callas, ascoltata mille volte nella sua stanzetta. E se non poteva essere un soprano non sarebbe stato null’altro.

Intonando la Bohème, decide di preparare l’arrosto di agnello che a Leo piace tanto. Lo avrebbe sorpreso con quel piatto. È lontano il giorno in cui, tornando dal lavoro, l’aveva trovata ancora in pigiama, intontita dall’alcol. Infila il soprabito riflettendo.
«Prugne, cipolle, forse del Marsala».
Chiude la porta dietro di sé. Cerca le chiavi per tirare le mandate.
«Sì, sono qui, le ho riposte ieri sera».
«Dopo il cinema, ho aperto la porta ed ho infilato le chiavi. Sono sicura».
Le tasche vuote della borsa le provocano un brivido che scende sulla schiena. Non è possibile. È rimasta chiusa fuori. Leo possiede un altro mazzo, ma non rientrerà prima di sera. E allora le avrebbe detto che era una buona a nulla e ripetuto che era stato un terribile errore sposarla.

Dio se ha ragione, si ripete Piera. Eppure deve trovare una soluzione. È una donna nuova, adesso. Si siede sui gradini e ragiona. Forse potrebbe calarsi dal terrazzo condominiale, visto che è proprio sopra il suo balcone, all’ultimo piano. Sa di non aver chiuso la porta finestra. In fondo non è neppure pericoloso. Al massimo può procurarsi una distorsione che avrebbe potuto spiegare dicendo di essere caduta in casa. Sempre meglio che ammettere di essersi chiusa fuori. Di non essere una persona affidabile.

Così Piera suona da Irma, la portiera, per farsi dare le chiavi del terrazzo. Spiega che vuol controllare una possibile infiltrazione. Le sembra un’ottima scusa, ma Irma la riempie di domande, e alla fine, premurosa, aggiunge che avrebbe avvisato l’amministratore. Piera si dà della stupida. Che bisogno c’era di parlare di un’infiltrazione? E se ne parlerà con Leo?

Sale sul terrazzo ed apre il portoncino. La luce accecante l’accoglie.
Socchiude gli occhi e si orienta verso il lato sopra al suo balcone. Non le era sembrato ci fosse tanto vento. I capelli si arruffano davanti agli occhi. Si stringe sul soprabito e si avvicina al parapetto. Non si sente più così sicura. Guarda giù, verso il suo balcone incredibilmente distante. Sotto c’è lo stendino con la sua vestaglia e la seduta dove Leo, la sera, fuma il sigaro. Di fronte i gerani mostrano i rami secchi. Lui le aveva chiesto di sistemarli, ma si è dimenticata.

Si mette cavalcioni sul parapetto, poi gira anche l’altra gamba. È seduta sopra il suo terrazzo. Sì, ce la posso fare. Si sarebbe calata di sotto. Basta lasciarsi andare penzoloni, con le mani aggrappate. Meno di due metri la separano dalla poltroncina di vimini che avrebbe attutito il colpo. E se l’avesse distrutta? Leo ci sarebbe rimasto male. Ricorda bene come si fossero innamorati di quella poltrona e di quanto a lungo avessero contrattato con un artigiano. Per un attimo, si chiede come un oggetto di vimini possa averli resi così felici, un tempo.

Il vento le sembra più freddo. Un balzo e tutto sarebbe tornato a posto. Il balcone di sotto sembra chiamarla alla sua vita. Avrebbe cucinato e poi sistemato i piatti. Aspettato che suo marito finisse il sigaro, prima di raggiungere il letto dove lei forse già dormiva con le gocce.

I tetti intorno sembrano appartenere a un altro mondo, invisibile di sotto, dove si sono avventurati i musicisti nel lockdown per suonare brani universali. Come li aveva invidiati, nei video in rete. Lei che ha ancora una voce così bella. Già che stava lì poteva forse farla sentire. Forse.

Un attimo prima di cadere, lì dove il balcone non c’è più, si chiede perché è stata così indecisa per un piccolo balzo, mentre è così bello cantare la sua aria da soprano camminando in bilico sul cornicione.

Via. Senza paura.

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