L’ho capito mentre ero seduto su un cesso pulitissimo di Trondheim. Interrail, trent’anni fa esatti. Due bottigliette d’acqua da mezzo litro vuote alla mia destra, una scatola di prugne secche finita alla mia sinistra, un clisterino a stantuffo ancora pieno nella mano, un pacchetto di cicche dal nome evocativo nella tasca dei pantaloni calati: Stimorol.
Ricordo l’espressione indispettita della cassiera del supermercato quando ridendole in faccia le avevo chiesto: Stimorol is for constipation? Ai norvegesi non piace essere presi per il culo, tenetene conto.
Seduto sul cesso lindo dell’ostello di Trondheim mi rigiravo tra le mani il clisterino rimandando il momento dell’inserimento, e intanto mi baloccavo con pensieri discordanti.
Mi dicevo: magari adesso fanno effetto acqua e prugne secche, magari basta aspettare tre minuti e mi libero senza bisogno del clistere.
Poi mi dicevo: sì, certo, come no, nove giorni che sei bloccato e risolvi tutto con un po’ d’acqua e della frutta; pensiero magico, caro il mio coglione stitico.
Poi mi dicevo: forse anche pensare che questo clistere per neonati sia sufficiente per svuotarmi è un pensiero magico. Forse mi occorre qualcosa di più grosso.
Poi mi dicevo: e cosa vorresti, idiota? Il clistere del marchese del Grillo?
Ma falla finita, schiaffatelo dentro, spingi sullo stantuffo e aspetta. Alla fine ho spinto, ma qualcosa è andato storto. Difficilissimo farsi un clistere da soli quando si è seduti su un cesso scintillante di Trondheim, tenete conto anche di questo.
Sarà stato il travaglio interiore, sarà stato che di base io ho la manualità di una scimmia con le muffole, il liquido è colato praticamente tutto sulla mano. Forse due gocce sono entrate, non di più. Sono rimasto così, sconfitto, con nove giorni di merda barricata dentro di me, a bestemmiare contro le mie mani tremolanti e sgocciolanti di lassativo e contro l’inesistente effetto purgativo dell’acqua, delle prugne e soprattutto di quelle cazzo di cicche Stimorol comprate per prendere per il culo una cassiera serissima e norvegesissima, e mentre stavo lì, e nell’intestino non avvertivo nemmeno l’accenno di un movimento, un’avvisaglia, un borbottio, ho capito che era colpa mia, sì, tutta colpa mia, ma non per le nove banane divorate nel parco di Oslo al giorno 4 dell’Era della Stitichezza, nemmeno per i pochissimi liquidi ingeriti dal giorno 1 al giorno 8 di quella diabolica Era, se si escludono la birra e la saliva: la colpa era del CD dei Cathedral che aveva fottuto il giorno 3 al centro commerciale di Goteborg, un CD che faceva schifo ma evidentemente non faceva cagare.
Il blocco era una forma di giustizia divina, anche se io alla giustizia divina non ci credevo, d’altronde mica esiste solo quello in cui credo, sarebbe facile allora la vita, e invece la vita è difficile, perché la giustizia divina esiste e stabilisce che chi ruba deve essere punito, e quale migliore punizione di una stitichezza eterna per il ladro di CD, e per opporsi alla giustizia divina c’è poco o niente da fare, non conta l’acqua, non contano le prugne, non conta il clisterino, non conterebbe nemmeno il clisterone delle grandi occasioni, quello del marchese, il mio clistere è il mio clistere e il vostro clistere non è un cazzo, e in fondo è giusto così, sì, è giusto, me lo merito, sono la giusta vittima umana della giustizia divina, mi sta bene, non ruberò mai più niente, lo giuro, non prenderò per il culo le commesse di nessun paese, berrò tantissima acqua e pochissima birra e non mangerò più banane nemmeno nella macedonia, ma questo non basterà a salvarmi, perché io non cagherò mai e morirò con la pancia durissima, l’intestino pietrificato, forse proprio in questo cazzo di cesso smaltato di Trondheim. Chissà quanto costerà trasportare la mia salma in Italia, chissà se dovranno pulirmi prima di seppellirmi, di certo non sarò uno di quelli a cui cedono gli sfinteri nel momento del trapasso, no, sarebbe una beffa, davvero una cazzo di beffa.
Pensavo a queste cose quando a un tratto ho visto che da sopra la porta del bagno spuntava la testa di Filippo. Doveva essere sulle spalle di Andrea.
Allora, cagato? Mi ha chiesto Filippo ridendo come un stronzo.
Macchè. Gli ho risposto nascondendomi il clisterino dietro la schiena.
Vabbè, cagherai. Mi ha garantito lui con la sicumera di un gastroenterologo di fama.
Poi è sceso dalle spalle di Andrea, non prima di confessare allegrissimo: in compenso scappa a me, ciao coglione.
Tornato solo mi sono scoperto inspiegabilmente più tranquillo. Mi sono detto mettiamola così, ripensando a questa storia un giorno imparerai qualcosa su un sacco di questioni: la giustizia, l’alimentazione, l’amicizia, i CD di merda. Sempre che non muori prima.
Cagare, ho cagato l’indomani.
1 commento
Divertente e appassionante, coinvolgente e di “stringente ” attualità per quella fascia di umanità che deve affrontare giornate “dure” e “gonfie” di aspettative “.