Il fazzoletto

Laerte Neri

Una bimba stampa un bacio sulla guancia di un bimbo che le corre dietro, ridendo. Sbocciano fiori, margherite su un balcone e ciclamini nei vasi di fronte, a far concorrenza. Le commesse chiacchierano sulla soglia dei negozi d’abbigliamento, il postino le guarda dimenticandosi di consegnare le lettere. Un venticello leggero attraversa la strada e si ferma sul portone del Liceo Scientifico Michelangelo.

“Oggi ogni cosa troverà il suo posto. Oggi è il ventun marzo e io fermerò Chiara all’uscita di scuola”.
Questo pensa Luca Camai guardando fuori dalla finestra della sua aula.
“Le chiederò di uscire, le regalerò una rosa”. Sorride Luca e si inebria dell’aria tiepida che inonda la sua classe. Si dimentica però qualcosa. Uno starnuto non basta per ricordaglielo. Ce ne vogliono due, tre, quattro.
“Sarai mica allergico al polline?” chiede la professoressa Tenuti.
Luca alza la faccia dal banco, ha lo sguardo inebetito. Il suo naso è rosa scuro.
“Cobe?” chiede Luca, che sogna fiori di ciliegio e danze insieme alla sua bella.
La professoressa ride. “Dicevo: sarai mica allergico al polline, Camai?”
Il suo volto si fa serio: “Do, do, mio padre è allergico, ba a be non hai bai dato…”
Uno starnuto lo interrompe.

“Baledetta primavera”.
Di fronte allo specchio, a soffiarsi il naso, Luca non può e non deve farsi scoraggiare: “Con questo naso sembro un clown, o un avvinazzato. Senti, Chiara, che ne dice se andiamo a farci un goccio insieme?”
Ecciú!
“Ci vorrebbero degli antistaminici, quelli che usa mio padre. Tutta colpa sua, come sempre. Ma non importa. Oggi è il giorno, non si può rimandare. Magari la farò ridere, magari questo mio handicap farà si che…”

Driiin!
Ogni passo verso il portone che conduce fuori dalla scuola è un batticuore. La terza B ancora non è
scesa. Due ragazze gli passano accanto, squittiscono e ridono guardandolo.
“Che avete da ridere?”
Quattro di prima con delle cartelle immense gli sfilano davanti. Parlottano veloci e stanno tutti attaccati. Sembrano tartarughe in fuga. E poi ecco la terza B. Sono sulle scale, stanno scendendo. Nel mentre gli si fa incontro quella montagna di Rovati. Lo prende per le spalle spingendolo fuori dal portone.
“Piano! Don sto dando bene…”
Rovati ride, si passa una mano sui capelli scuri: “Non vorrai mica saltar l’allenamento di oggi pomeriggio?”
L’allenamento! E chi si ricordava dell’allenamento?
“Do, droverò il modo di esserci!”
“Bene” esclama col vocione Rovati e poi si dirige deciso verso il suo scooter, un macigno nero con la marmitta truccata. Luca è appena fuori dal portone quando fuoriesce una valanga colorata.
Marco Forti, Martina Brighi, non lo so, non lo so, Lucia Sernesi, non lo so, Tommaso Prati, Chiara Leggeri. Chiara Leggeri! È lei.
Chiara mastica un chewing gum mentre ascolta Tommaso Prati. Luca vorrebbe avvicinarsi ma le gambe diventano due piloni di cemento. Fa appello a tutta la sua volontà per costringersi ad avanzare. Ogni passo un respiro, ogni passo un battito.

Poi Tommaso dà una spinta a Chiara e lei perde un fazzoletto. Il fazzoletto, come Desdemona!
Le gambe di Luca si fanno leggere, il corpo si protende, scarta un paio di motorini, danza intorno ad un palo della luce e s’abbassa. Raccoglie il fazzoletto ed alza lo sguardo. È a due passi da Chiara.
“Di è cadudo il fazzoletto”
Chiara si gira, è abbracciata a Tommaso che le cinge la vita. Perché sono abbracciati?

“Come dici Luca?” gli chiede Chiara, la voce piena di gioia.
Luca riesce solo a ripetere “Il fazzoletto”. Chiara si libera della presa di Tommaso, gli va incontro e lo prende. Mostrandogli tutti i denti e anche un pezzetto di chewing gum, sorride: “Grazie”.
Luca non riesce a dire niente, si gira, vorrebbe correre via, vorrebbe non esser lí. Cammina normalmente, si ripete. Una mano da dietro lo afferra. È lei, il suo profumo di chewing gum alla fragola: “Luca, tutto bene? Hai gli occhi lucidi”
“Dutto bede, ho l’allergia”. Sogna di tirarla a sé e baciarla forte sulla bocca. “Devo addare” dice.

Chiara lo saluta agitando il fazzoletto. Tommaso le è di nuovo accanto, la bacia sul collo. Luca monta in sella alla sua bicicletta. “Baledetta primavera” ripete fra i denti.
Preme sui pedali e schizza via. Intorno a lui piovono fiori e nevica polline. Gli occhi lucidi di Luca perdono una lacrima che scivola giù, posandosi sull’erba appena nata nel cortile della scuola.
Luca fa lo slalom fra i motorini e le macchine ferme all’uscita e spinge la bici piú forte che può.

Un venticello leggero gli asciuga il viso e annuncia che si, la primavera è arrivata.

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1 commento

Lila - Ilaria Pamio Giugno 25, 2024 - 9:21 am

Un racconto molto tenero e delicato.

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